A che punto è l’Italia nella gestione degli imballaggi di plastica? Non molto buono. E il dato negativo è ampiamente condiviso con il resto degli Stati membri dell’Unione Europea, considerando che secondo la Corte dei Conti continentale l’UE non raggiungerà i valori-obiettivo che si è posta nel riciclaggio per il 2025, ovvero il 50% e per il 2030, cioè il 55%.
Il report Corepla sul 2020
Rispetto al 2019, Corepla – il consorzio che presiede al riciclo degli imballaggi in plastica nel nostro Paese – nel rapporto annuale reso pubblico lo scorso giugno fa sapere che la produzione di imballaggi nel 2020 è diminuita solo del 5%. Già, “solo”, perché il dato è sottile e se da una parte la pandemia da Coronavirus ha frenato molte industrie, dall’altra ha creato nuovi bisogni: il settore medicale è cresciuto, come quello della disinfezione e della detergenza e poi c’è stato il netto rilancio degli alimenti confezionati.
Il marketing frena il riciclo
Inoltre, nel documento stilato da Corepla è possibile scoprire che delle 2.198.000 tonnellte di imballaggi immessi nel mercato, il 41% è stato riciclato, ovvero 904.000 tonnellate. Un dato in linea con gli altri Paesi europei, che in base al dato Eurostat del 2018 si attesta al 41.5%.
A rendere più difficoltoso l’avvio al riciclaggio degli imballaggi ci i mette anche la sempre maggiore complessità dei materiali: le aziende ne sviluppano di sempre nuovi, più resistenti, più funzionali al marketing, ma meno riutilizzabili. In nome del profitto, come sempre, si sacrifica l’aspetto ambientale.
La “classifica” europea
Certo, il dato italiano è migliore di quello francese (26.9%), danese (31.5%), finlandese (31.1%), ma ben peggiore di altri Paesi come Lituania (quasi il 70%), Slovenia (60.4%), Bulgaria (quasi il 60%) e Spagna, che supera di poco il 50% di imballaggi in plastica riciclati.
Una gestione “singolare” del riciclo
In Italia poi abbiamo 915.000 tonnellate di imballaggi, più di quanto viene riciclato, che vengono destinati al recupero energetico: se una parte viene gestita da Corepla, che li spedisce a cementifici e termovalorizzatori, il resto – ed è preponderante – viene trattata come rifiuto solido urbano.
L’ “ingannevole” rapporto sull’economia circolare
E non ci si faccia ingannare dai numeri pubblicati dal terzo rapporto sull’economia circolare pubblicato quest’anno: il 70% di quota riciclo assegnato all’Italia è in realtà un dato “drogato” dalla virtuosità del riutilizzo relativo a materiali come acciaio, carta e vetro che godono di sorti ben migliori della plastica. Per questi materiali l’obiettivo del 2025 è stato già raggiunto e si è a buonissimo punto in vista del 2030.
Il Conai (consorzio nazionale imballaggi istituito nel 1997 che vede affiliate circa 1 milione di aziende) nel report del 2019 ci fa sapere che il riciclaggio di imballaggi in plastica deve essere incrementato di 5 punti percentuali per raggiungere l’obiettivo 2025 e di quasi il doppio per il 2030. Utopia, se pensiamo ai ritmi attuali e ai dati appena resi pubblici.
Per provare a vincere questa sfida, però, differenziare non è affatto sufficiente: la produzione di rifiuti va inconfutabilmente prevenuta.