“Dobbiamo fare un uso migliore degli appalti pubblici, che rappresentano il 14% del PIL dell’UE. Un aumento di efficienza dell’1% negli appalti pubblici potrebbe far risparmiare 20 miliardi di euro all’anno. E si tratta di una delle principali leve disponibili per sviluppare beni e servizi innovativi e creare mercati guida nelle tecnologie pulite e strategiche.”
Lo ha dichiarato Ursula von der Leyen, il 18 luglio, prima di essere rieletta alla presidenza della Commissione europea durante il suo discorso sulle linee guida politiche per il mandato 2024-2029, intitolate “La scelta dell’Europa”.
“Proporrò una revisione della direttiva sugli appalti pubblici, che permetta di privilegiare i prodotti europei nelle gare d’appalto bandite in determinati settori strategici e concorra a garantire ai cittadini un valore aggiunto dell’UE assieme alla sicurezza dell’approvvigionamento di tecnologie, prodotti e servizi essenziali. La revisione modernizzerà e semplificherà le norme in materia di appalti pubblici, tenendo in particolare presenti le start-up e gli innovatori dell’UE” sottolinea la Presidente von der Leyen.
Le linee guida non costituiscono un programma di lavoro esaustivo ma aprono, in ambito di appalti pubblici sostenibili, ad un possibile Buy European Sustainable Act (BESA), per accelerare la transizione a basse emissioni di carbonio nell’UE. Una riforma che auspichiamo integri al suo interno i criteri ambientali e sociali minimi obbligatori.
La proposta per acquisti pubblici europei e sostenibili, BESA, era stata già lanciata il 15 maggio 2024 al Forum Compraverde Buygreen a seguito dello studio di Carbone 4 (Francia) finanziato da European Climate Fundation e realizzato in collaborazione con Fondazione Ecosistemi (Italia), Anders Handeln (Austria), CNCD 11.11.11 (Belgio), Dezernat Zukunft (Germania) ed Ecodes (Spagna).
Lo studio, infatti, stima l’impatto di un possibile Buy European Sustainable Act in termini di emissioni climateranti, investimenti in settori virtuosi e occupazione, se fosse stato applicato in tutti gli Stati Membri dal 2019 al 2021 ovvero da quando i Paesi dell’UE avrebbero dovuto allineare i loro appalti pubblici alle loro ambizioni di mitigazione del clima dopo l’Accordo di Parigi.
Secondo lo studio, se l’Unione Europea, nei suoi primi 100 giorni di insediamento del nuovo Parlamento, adottasse criteri che fissano un tetto alle emissioni climalteranti negli acquisti pubblici di materiali pesanti, veicoli e cibo si avrebbe una significativa riduzione delle emissioni di CO2 equivalente. Inoltre, se si introducesse anche un criterio relativo alla provenienza europea di tali prodotti, si registrerebbero anche importanti risultati in termini di occupazione locale e investimenti, aiutando così l’economia europea a rafforzarsi anche rispetto a competitors importanti come la Cina e gli Stati Uniti.
Questa è una strategia necessaria affinché i cittadini europei non siano esposti solo ai costi della transizione ecologica in questa fase, ma possano godere anche di benefici socio-economici ulteriori rispetto alla mitigazione del cambiamento climatico che per molti appare ancora un obiettivo lontano dalla quotidianità.
L’Italia è pronta per il BESA?
Nel documento, in particolare si dimostra che, se l’Italia avesse deciso di allineare i criteri per gli appalti pubblici ai parametri dell’accordo di Parigi per la riduzione delle emissioni climalteranti dal 2019, oggi avremmo una riduzione del 5,8% dell’impronta di carbonio degli appalti pubblici italiani. Inoltre, aver adottato questi criteri avrebbe permesso di riallocare 8 miliardi di euro della spesa per gli appalti pubblici a sostegno di attività virtuose all’interno dell’Italia, generando significativi investimenti in tutti i settori analizzati.
Sostenere attraverso gli appalti pubblici le attività con minori emissioni in settori altamente impattanti come edilizia, trasporti e ristorazione collettiva, in Italia, così come nel resto di Europa, avrebbe permesso di favorire la crescita di imprese innovative e competitive sui mercati internazionali orientati alla decarbonizzazione, dando così all’industria la visibilità necessaria per effettuare investimenti significativi a favore della transizione a basse emissioni di carbonio.
Infine, significativi benefici si sarebbero registrati anche sotto il profilo dell’occupazione, elemento chiave per rendere la transizione ecologica desiderabile oltre che necessaria e per redistribuire i costi e i benefici della transizione in modo più equo. Il BESA, infatti, avrebbe creato molti posti di lavoro in Italia, circa 31.000, di cui il 6% corrisponderebbe a posti di lavoro aggiuntivi delocalizzati (o ri-localizzati) in Europa da altre aree geografiche.
La situazione in Europa
In media, grazie al BESA ogni anno verrebbero mobilitati 86 miliardi di euro per la promozione di attività “verdi” attraverso gli appalti pubblici europei. Questo include un aumento delle vendite annuali di 6 miliardi di euro per le aziende dell’Ue e un miglioramento della bilancia commerciale europea.
Allo stesso modo, il BESA potrebbe creare molti posti di lavoro verdi nell’Ue, in media 384.000 negli anni analizzati. L’8% di questo totale (30.000 posti di lavoro) corrisponderebbe a posti di lavoro delocalizzati che sono aggiuntivi a livello europeo. Lo sviluppo di questi posti di lavoro verdi è essenziale per la sicurezza dell’occupazione nell’UE in un contesto di transizione verso la neutralità del carbonio.