Il passo più importante all’interno del panorama della rendicontazione ESG europea è stato finalmente compiuto. Dal 25 settembre 2024 è entrato ufficialmente in vigore il decreto di recepimento italiano, D.Lgs. 2024/125 (pubblicato sulla GU n. 212 del 10 settembre 2024) che attua la Direttiva 2022/2464/UE (anche nota come Corporate Sustainability Reporting Directive o CSRD), relativamente alla rendicontazione societaria di sostenibilità. L’obiettivo della direttiva CSRD è quello di garantire una comunicazione più accurata e dettagliata delle performance di sostenibilità delle aziende, consentendo una migliore valutazione del loro impatto ambientale e sociale.
Il decreto legislativo che recepisce in Italia la direttiva europea CSRD era stato approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 30 agosto. Con l’approvazione del decreto, l’Italia ha adottato le nuove regole europee che ampliano l’ambito di applicazione dei requisiti di rendicontazione alle PMI quotate. Il nuovo quadro normativo è, quindi, un passo fondamentale verso una maggiore trasparenza aziendale in materia di sostenibilità e avrà un impatto significativo sul modo in cui le imprese rendicontano le loro performance ambientali, sociali e di governance (ESG).
La proposta approvata dal Consiglio dei Ministri ha modificato il numero medio di dipendenti che un’azienda inclusa dalla normativa deve avere durante l’esercizio considerato: non più da “superiore a 50 a inferiore a 250”, ma da “non inferiore a 11 e non superiore a 250”. Ma ci sono altri due requisiti per essere considerate PMI quotate: il patrimonio (superiore a 450mila euro e inferiore a 25 milioni) e i ricavi netti delle vendite e delle prestazioni (superiori a 900mila euro e inferiori a 50 milioni). Grazie alla direttiva si stima che, a livello europeo, le aziende soggette agli obblighi passeranno da 11.700 a quasi 50.000.
Ma a chi dovrebbero interessare le nuove regole e da quando verranno applicate?
In primis, alle aziende già soggette alla precedente Direttiva sull’informativa non finanziaria (NFRD) che dovranno iniziare a pubblicare i loro bilanci di sostenibilità a partire dal 2025, mentre le grandi imprese non ancora obbligate dovranno adeguarsi entro il 2026. Ma anche le PMI quotate e altre categorie specifiche di enti creditizi e assicurativi saranno interessate dal 2027, con un ulteriore allargamento delle regole nel 2029 per le filiali di società madri non europee.
Tra le novità introdotte dal decreto, da sottolineare quella del revisore della sostenibilità: un esperto incaricato di verificare l’accuratezza e la trasparenza dei report ESG. Questo professionista svolge un ruolo simile a quello del revisore contabile, ma con un focus sulle informazioni di sostenibilità. Nei primi due anni dall’entrata in vigore del decreto, le sanzioni per eventuali inadempienze dei revisori della sostenibilità saranno limitate, con multe massime di 50 mila euro. Questo sistema di sanzioni è stato implementato per garantire una transizione graduale verso la piena conformità delle nuove regole.
L’introduzione della CSRD rappresenta una sfida per molte imprese italiane che dovranno riorganizzare i propri processi interni per adeguarsi agli obblighi di rendicontazione ESG. Ma anche un’opportunità in quanto l’obiettivo finale è quello di fornire a investitori, consumatori e altri stakeholder informazioni più complete e affidabili, contribuendo a ridurre fenomeni come il greenwashing. Il decreto che recepisce la direttiva CSRD, dunque, segna un cambiamento significativo nel panorama della sostenibilità aziendale in Italia, obbligando le imprese a una maggiore trasparenza e tracciabilità delle loro azioni ambientali e sociali.