Consumption Footprint, il nuovo indicatore per valutare l’impatto ambientale del consumo dell’UE

4 Ottobre 2023

Misurare la sostenibilità e gli impatti ambientali nella maniera più accurata possibile è una priorità dell’Unione europea per valutare  l’efficacia delle politiche e degli interventi legislativi. Per realizzare una produzione e un consumo più sostenibili, la Commissione europea ha sviluppato un quadro di riferimento basato sulla valutazione del ciclo di vita (LCA), che consente di valutare gli impatti ambientali legati al consumo di beni e servizi nell’UE.

Sono stati sviluppati due indicatori: la Consumption Footprint e la Domestic Footprint. Gli indicatori sono rilevanti per il raggiungimento dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile sul consumo e la produzione responsabili (SDG 12), adottato nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, e per valutare le implicazioni su altri SDG rilevanti per l’ambiente. Questi indicatori mirano a sostenere il monitoraggio del Green Deal- europeo, come l’economia circolare (Circular Economy Action Plan), l’inquinamento zero (Zero Pollution Action Plan), la produzione alimentare sostenibile (Farm to Fork Strategy) e la conservazione della biodiversità (EU Biodiversity Strategy for 2030).

Domestic Footprint

La Domestic Footprint (impronta legata alla produzione) valuta gli impatti ambientali associati alle emissioni e all’estrazione di risorse che avvengono all’interno dei confini di uno Stato membro (o dell’intera UE) adottando una prospettiva basata sulla produzione e sul territorio. Pertanto, tiene conto sia delle attività di produzione che di consumo che si svolgono all’interno del territorio nazionale dello Stato membro e comprende anche gli impatti derivanti dalle attività delle famiglie e delle amministrazioni pubbliche.

La valutazione della Domestic Footprint dei singoli Stati membri e dell’UE consente di identificare i punti critici ambientali, di stabilire una base per il monitoraggio dei progressi delle prestazioni ambientali e di testare le opzioni e gli scenari politici. L’indicatore si concentra esclusivamente su ciò che accade all’interno dei confini degli Stati membri.

La Domestic Footprint si basa su un’ampia raccolta di informazioni dettagliate sulle emissioni nell’ambiente e sull’estrazione di risorse all’interno dei confini dell’UE e degli Stati membri, che si traduce in un inventario completo delle pressioni ambientali dovute alla produzione e al consumo interni. Questo inventario viene poi caratterizzato con l’Impronta ambientale (Environmental Footprint) che comprende 16 categorie di impatto ambientale che possono essere normalizzate e ponderate in un unico punteggio.

Consumption Footprint

Con la Consumption Footprint (impronta legata ai consumi), per la prima volta, l’attenzione si è spostata dagli impatti della produzione dei singoli Paesi a un sistema dove si tiene conto dei consumi e del livello globale, ovvero ai conseguenti impatti generati anche in altre regioni del mondo. Inoltre, dei planetary boundaries, cioè quanto la produzione e il consumo siano sostenibili in termini assoluti rispetto ai limiti di sopportazione del pianeta.

La Consumption Footprint segue un approccio basato sul consumo e mira a quantificare gli impatti ambientali legati al consumo dei beni. La particolarità è che gli impatti ambientali di ciascun prodotto sono attribuiti alla nazione dove lo stesso viene consumato e perciò tiene conto non solo di quanto prodotto negli Stati membri dell’Ue, ma anche delle importazioni e delle esportazioni.

Anche in questo caso, il sistema di calcolo considera sedici categorie di impatto ambientale: cambiamento climatico, riduzione dello strato di ozono, tossicità per gli esseri umani (cancerogena e non cancerogena), particolato, radiazioni ionizzanti, inquinamento fotochimico, acidificazione, eutrofizzazione dell’acqua, eco-tossicità delle acque dolci, uso del suolo, uso dell’acqua, utilizzo delle risorse fossili, utilizzo delle risorse minerarie e metalli. Tutti questi impatti sono nocivi per la salute umana, la biodiversità, le risorse naturali e il cambiamento climatico.

Domestic Footprint vs Consumption Footprint:
cosa dicono gli indicatori

Secondo i primi risultati dei calcoli del Joint Research Center della Commissione europea

  • la Domestic Footprint dell’Unione europea, tra il 2010 e il 2018, è scesa in media del 12%, mentre il Pil dell’Eurozona è cresciuto del 23%. La riduzione più evidente è stata quella legata al buco dell’ozono (-43%), ma è stata significativa anche per l’acidificazione, la tossicità non cancerogena e l’uso di risorse fossili (-20%). Le politiche dell’Unione europea in questi ambiti sembrano aver funzionato.
  • la Consumption Footprint, dal 2010 al 2021, è aumentata del 4%, con un picco del 10% nel 2019, poi frenato con il Covid-19. La Consumption Footprint media di un cittadino europeo è dominata dagli impatti legati al settore alimentare (48%, in particolare per il consumo d’acqua e l’allevamento), seguito dagli impatti legati al settore delle abitazioni (19%, soprattutto per il riscaldamento degli ambienti) e dei trasporti (15%, trascinato dall’uso di auto private). Il quadro che emerge non è rassicurante. L’impatto ambientale legato ai consumi dei cittadini europei è al di fuori della sfera di sicurezza per l’essere umano per quanto riguarda una serie di impatti, in particolare il cambiamento climatico, il particolato, l’uso di risorse fossili e l’ecotossicità delle acque dolci e si avvicina alla soglia per tutti gli altri.
Monitorare, valutare e riorientare la transizione ecologica

Non si tratta di un semplice aspetto statistico: se cambia il sistema di monitoraggio dell’Unione europea, cambieranno anche le politiche nazionali sui temi ambientali.

“La Consumption Footprint è utile per monitorare l’evoluzione degli impatti nel tempo e definire scientificamente scenari sui quali valutare le differenti politiche pubbliche per raggiungere la transizione ecologica: dagli interventi in determinati aree di consumo o tipologie di prodotto, fino alla gestione dei rifiuti”, sottolinea Alessandra Zampieri del Joint Research Center.

L’indicatore Consumption Footprint potrebbe essere perfezionato nel tempo aggiungendo nuovi prodotti per rispecchiare meglio le tendenze emergenti, come prodotti alimentari alternativi o nuovi elettrodomestici. Poiché il Consumer Footprint Calculator si basa sulla Consumption Footprint, gli sviluppi del Consumption Footprint Indicator potrebbero portare a versioni riviste del relativo calculator.

 

Social media

News

Il difficile incontro tra cultura, risorse e sostenibilità. Intervista a Silvano Falocco

Il difficile incontro tra cultura, risorse e sostenibilità. Intervista a Silvano Falocco

Silvano Falocco, in un’intervista a EconomiaCircolare.com, discute le sfide per una produzione culturale sostenibile, evidenziando le difficoltà nel conciliare aspetti culturali, ambientali ed economici. La programmazione culturale, secondo Falocco, dovrebbe avere una missione chiara e finanziamenti stabili, ma manca spesso una direzione politica precisa. La crescente difficoltà di reperire risorse finanziarie, insieme alla necessità di allinearle con criteri ambientali e sociali, complica la sostenibilità degli eventi culturali. Inoltre, la selezione di sponsor in linea con valori ecologici è resa ardua dalla scarsità di risorse e dalle divergenze tra cultura e politica. Leggi l’intervista…

Un Manifesto per la definizione di criteri minimi obbligatori per le mense pubbliche in tutta l’UE

Un Manifesto per la definizione di criteri minimi obbligatori per le mense pubbliche in tutta l’UE

Cosa succederebbe se tutte le mense pubbliche e scolastiche in Europa dovessero rispettare criteri minimi obbligatori che riflettono la necessità di mantenere il nostro sistema alimentare entro i limiti del pianeta e a sostegno dell’attuazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile? Alcuni potrebbero opporsi a un aumento dei costi, ma come ormai sappiamo tutti, i costi delle pratiche non sostenibili relative a uno qualsiasi di questi aspetti sono di gran lunga superiori per la società e per i contribuenti. Quindi, perché comprare cibo a basso costo e poco salutare quando l’approvvigionamento alimentare pubblico offre un’ottima opportunità per affrontare tanti obiettivi di sostenibilità in un unico piatto?

Investimenti per 160 miliardi generano vantaggi per 350 miliardi: la transizione energetica conviene all’Italia

Investimenti per 160 miliardi generano vantaggi per 350 miliardi: la transizione energetica conviene all’Italia

Italia ha solo da guadagnare da un’accelerazione sulle rinnovabili. L’obiettivo di una completa decarbonizzazione del sistema elettrico italiano entro il 2035, infatti, non solo è possibile, ma è anche vantaggioso per l’economia del nostro Paese. Lo conferma il “Rapporto sugli impatti economici e occupazionali delle politiche per un sistema elettrico italiano decarbonizzato nel 2035”. Il rapporto, presentato oggi e curato da Fondazione Ecosistemi per conto di WWF Italia, è uno studio approfondito che stima gli effetti positivi che una piena decarbonizzazione del sistema elettrico italiano avrebbe sull’economia e sull’occupazione del nostro Paese.