Con sentenza del14 ottobre 2022, n. 8773, il Consiglio di Stato, sezione III, ha annullato gli atti di una gara, perché la stazione appaltante non vi aveva inserito i criteri ambientali minimi, e ha disposto l’integrale riedizione della procedura. La non conformità della legge di gara agli artt. 34 e 71 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, peraltro, non impone l’immediata e tempestiva impugnazione del bando di gara: che dunque è impugnabile solo ‘a valle’, anche per questo vizio ‘originario’. Si tratta di una questione a cui porre estrema attenzione.
Con questa sentenza il Consiglio di Stato interviene a ricordare come la ratio sottesa ai CAM è garantire che la politica in tema di appalti c.d. verdi sia non solo quella di ridurre l’impatto ambientale delle procedure, ma anche quella di promuovere modelli di occupazione più sostenibili. Più nel dettaglio, il Consiglio di Stato ha evidenziato come la lex specialis di gara fosse stata formulata in maniera non rispettosa della normativa vigente: i CAM erano stati utilizzati unicamente sul piano dei punteggi aggiuntivi per i servizi migliorativi.
Secondo i giudici, relegare i CAM a mero elemento utile per l’attribuzione di punteggi aggiuntivi significa legittimare la possibilità di aggiudicare la gara ad un operatore la cui offerta sia in toto non rispettosa dei criteri di cui all’art. 34 d.lgs. 50/2016.
Il Consiglio di Stato ha infatti ricordato che le disposizioni in materia di CAM non costituiscono un mero impegno programmatico, ma costituiscono dei veri e propri “obblighi immediatamente cogenti per le stazioni appaltanti”, che sono tenute ad inserire il requisito ambientale sin dalla definizione dell’oggetto dell’appalto, garantendo così il rispetto dei CAM a tutti gli offerenti.
La ratio di tale obbligatorietà è riconducibile all’esigenza di garantire che “la politica nazionale in materia di appalti pubblici sia incisiva non solo nell’obiettivo di ridurre gli impatti ambientali, ma nell’obiettivo di promuovere modelli di produzione e consumi più sostenibili” (così, Cons. St., Sez. V, 5.8.2022, n. 6934). Ricorda a tal proposito il Collegio che la disciplina dei CAM contribuisce a connotare “l’evoluzione del contratto d’appalto pubblico da mero strumento di acquisizione di beni e servizi a strumento di politica economica: in particolare, come affermato in dottrina, i cc.dd. green public procurements si connotano per essere un “segmento dell’economia circolare””.
Nel caso in esame, dunque, ciò che rappresenta un obbligo di legge era stato relegato dalla stazione appaltante ad una mera possibilità rimessa agli offerenti, rientrante nell’alea delle offerte migliorative.
Sicché il fatto che l’aggiudicataria avesse comunque offerto in gara prodotti biologici e avesse dichiarato di possedere certificazioni idonee a minimizzare l’impatto ambientale nella fase esecutiva della commessa, non è stato ritenuto idoneo a superare l’invalidità a monte del bando di gara.
Il Consiglio di Stato ha così accolto il ricorso e la relativa domanda volta alla declaratoria di inefficacia di tale contratto, con conseguente obbligo di rinnovo della gara, ritenendo “necessario ai fini della tutela dell’interesse pubblico portato dalle norme violate ripetere la procedura di gara, previa emenda del vizio”.
Per approfondire: Consiglio di Stato, sentenza n. 8733/2022